La Cina ha annunciato una legge sulla sicurezza nazionale che, di fatto, prevaricherebbe la parziale indipendenza legislativa di Hong Kong. Con la nuova norma Pechino potrebbe ad esempio arrestare direttamente i manifestanti pro-democrazia, che quindi verrebbero giudicati dall’opaco sistema cinese anziché da quello di Hong Kong, ed istituire unità operative delle agenzie di sicurezza continentali su territorio hongkonghese, una sorta di Boots on the Ground.

Si tratta di una notizia estremamente importante perché, in un periodo di estrema difficoltà pandemica e di scontro a tutto campo con Washington (dal Covid-19, agli Uiguri, ad Hong Kong), Pechino ha reagito irrigidendo la sua posizione su una questione estremamente delicata.

La storia di Hong Kong

Hong Kong oggi è un territorio autonomo della Cina e questo suo status lo deve alle sue peculiari vicissitudini storiche. Intorno alla metà del 1800, con le Guerre dell’Oppio, Hong Kong diventava una colonia britannica. Nel periodo maoista veniva invece utilizzata come punto di accesso per tecnologie occidentali, mentre nel 1997 tornava ufficialmente in mano cinese. Tuttavia i suoi territori avevano ormai intrapreso un cammino “più democratico” rispetto alla Cina continentale, ed il metodo usato da Pechino per gestirne la riappropriazione è stato quello del “Un paese, Due sistemi”. Motto con il quale Hong Kong può mantenere una certa indipendenza dal resto della Cina venendo però inserita nella cornice dello stato cinese.
Nel 2019, a causa di una controversa legge sull’estradizione, scoppiavano però delle violente proteste parzialmente placatesi solo con la pandemia. I manifestanti, che inizialmente chiedevano il ritiro della legge sull’estradizione, hanno finito per chiedere democrazia ed emancipazione dalla Cina.

Si è trattato di un grosso ed ancora irrisolto problema per la leadership di Pechino. Problema che la legge annunciata in queste ore proverebbe a risolvere spostando l’equilibrio della situazione verso uno scenario da “Un paese, Un sistema”.

Perché succede adesso?

Perché la Cina ha deciso di imporre proprio ora questa accelerazione nella risoluzione della questione hongkonghese?

Sicuramente esistono più motivi, ma uno di questi è probabilmente quello dell’odierno cattivo rapporto con gli Stati Uniti. Donald Trump, come è evidente a tutti, ha deciso che strategia adottare per cercare di riconquistare la Casa Bianca alle Presidenziali di novembre: trovare un nemico esterno per distogliere dalle dinamiche interne nazionali che, vista la catastrofica gestione della pandemia da coronavirus, non potrebbero fare altro che danneggiarlo nella corsa elettorale. L’avversario che ha trovato è la Cina.

Dopo aver condotto una guerra commerciale che si stava forse parzialmente risolvendo, ed aver vissuto l’inizio della pandemia in maniera decisamente “chinese-friendly”, Trump ha deciso di lanciare un’offensiva a tutto tondo verso Pechino per consolidare la sua narrativa elettorale: dal “virus cinese”, fino ad atti più concreti come l’emanazione dello Uyghur Human Rights Policy Act. L’obiettivo è lo stesso: avere materiale per attaccare politicamente il Governo cinese sostenendo la propria retorica elettorale interna.

A Pechino, però, hanno compreso bene questa dinamica ed il ragionamento che hanno fatto è probabilmente il seguente: perché sforzarsi di smorzare i toni con Washington se è evidente come proprio Washington non abbia intenzione di farlo? Tanto vale, in ottica cinese, approfittare della situazione muovendosi con decisione in tutti quei campi che in condizioni normali avrebbero infastidito gli Stati Uniti e le controparti occidentali.

Hong Kong potrebbe essere la prima vittima di questo nuovo corso che nella mente dei funzionari cinesi avrebbe quindi questa struttura: facciamo ora alcune cose che sono politicamente costose a livello internazionale (perché tanto siamo già sotto pressione) così da porre il prossimo Presidente degli Stati Uniti ed il resto del mondo di fronte ad un nuovo status-quo. In questo caso, quello di una Hong Kong repressa ed assoggettata al sistema totalitario cinese.

Carrie-Lam

Probabilmente da oggi la “regione più libera della Cina” smetterà di essere tale e, forse, Hong Kong come eravamo abituati a conoscerla non esiste già più.

Saranno settimane di violente tensioni e scontri, anche a causa dell’assist che Washington ha inconsapevolmente dato a Pechino.